Redazione Adempia
Sentirsi sicuri nella propria casa è importante. Si tratta di un’esigenza fondamentale per chi vive in aree isolate, per chi si trova in una zona particolarmente trafficata o per chiunque voglia monitorare la sua proprietà al fine di tenerla al sicuro.
In un'epoca in cui però il diritto alla privacy la fa da padrone, sorge spontanea una domanda: è legittimo installare un impianto di videosorveglianza privato? La normativa si è espressa su questo punto, stabilendo precise regole che devono essere rispettate, pena sanzioni economiche molto elevate.
GDPR e Codice Civile: le normative sul tema della videosorveglianza privata
Secondo quanto riportano le normative come il GDPR (General Data Protection Regulation) e, nello specifico l’articolo 1102 del Codice Civile, non è sempre necessario chiedere il via libera al Garante della Privacy per installare una videocamera.
Di primo impatto sembrerebbe quindi che ogni privato sia libero di installare una propria telecamera, anche sulle mura del condominio. Se, ad esempio, una persona installa quindi una videocamera di sorveglianza sul muro del condominio, finalizzata a riprendere - per esempio - la porta del proprio garage, è legittimata a farlo, ma ci sono delle regole da rispettare.
Prima di tutto la telecamera ad uso privato deve riprendere solo le aree di propria proprietà e pertinenza. Secondariamente gli altri condomini devono essere informati dell’esistenza di questo impianto di videosorveglianza. Il Codice Civile, infatti, parla chiaro obbligando i proprietari dell’impianto ad installare cartelli riportanti la dicitura “area videosorvegliata” e ad ottenere il parere favorevole di almeno la metà dei millesimi. Inoltre le immagini non devono essere diffuse a terzi.
Tuttavia, se la videocamera inquadra non solo una zona privata come una porta, ma anche aree condominiali pubbliche o di terzi allora la facoltà di installare la videocamera viene meno.
Tutto questo a patto che non vi sia un legittimo interesse.
Cosa si intende con “legittimo interesse”?
In linea generale, come abbiamo visto, non si può riprendere con il proprio sistema di videosorveglianza privato aree di uso comune, piazze o parcheggi. Tuttavia esiste una piccola eccezione che è rappresentata proprio dal concetto di legittimo interesse.
Ricordiamo che è necessario prima di tutto dimostrare che esiste una ragione valida dietro a questa scelta, magari perché vi è una minaccia attuale alla proprietà. Inoltre, se possibile, sarebbe importante suffragare questa decisione di riprendere aree comuni con documenti come denunce precedenti, e dimostrare che non esistono alternative meno invasive.
La legislazione sul tema corre dunque su un filo sottile in un evidente tentativo di equilibrio tra protezione della proprietà privata e rispetto della privacy delle persone coinvolte. Per questo motivo, in sede giudiziaria, la legittimità dei filmati che ritraggono parti terze, ottenuti da un sistema di videosorveglianza privato, viene dibattuto caso per caso. Analizzando la tipologia di ripresa e di conseguenza valutandone la legittimità laddove si sia eventualmente violata la privacy altrui.
Videosorveglianza privata: sì, ma con cautela
In linea generale quindi, i condomini che vogliono installare un impianto di video sorveglianza privato, sfruttando parti comuni del condominio e riprendendo aree di loro proprietà, possono farlo. Ma sono responsabili del trattamento dei dati personali altrui. Le registrazioni devono essere protette, conservate per un massimo di 24 ore e il diritto alla riservatezza dei singoli deve assolutamente essere rispettato. Laddove invece vi siano riprese che interessano aree comuni, i proprietari dell’impianto dovranno acquisire il voto favorevole dell’Assemblea condominiale ed essere in grado di spiegare le ragioni che hanno portato all’installazione della videocamera dimostrandone un legittimo interesse.